martedì 19 marzo 2013

Il mulo ed il bardotto

Vivevano, tra le colline brulle affacciate sul mare, due contadini. Il podere dell'uno stava ad est ed il podere dell'altro a ovest della piccola valle che separava le proprietà. Entrambi avevano, attorno alla casa colonica,  ripari per la legna o gli attrezzi, un pozzo per l'irrigazione, una cantina per conservare vini e formaggi e naturalmente molti animali. Avevano pecore e capre per la produzione di latte e formaggi, galline per le uova e asinelli per il lavoro nei campi.
Ogni giorno i due contadini scendevano a valle, per recarsi al mercato a vendere i prodotti del frutteto e dell'orto, uova e latte freschi. Ed ogni giorno i due s'incontravano, laddove il sentiero si univa in un solo percorso, che conduceva sino al paese, ai piedi delle colline.
Il contadino Nico aveva un mulo al quale era molto affezionato. L'animale gli era fedele e obbediente, lavorava sodo ed era resistente. Nico pensava addirittura che il suo mulo fosse molto intelligente, per questo gli parlava sempre durante i loro viaggi dalla collina al paese. Raccontava dei suoi sogni e dei suoi desideri e sembrava che il mulo lo ascoltasse e, anzi, di più, lo capisse. Nico confidava al mulo tutte le sue speranze, si lasciava andare alla poesia che scaturiva dal suo cuore guardando il mare e respirando i profumi della macchia.  
Quando sul sentiero incrociavano il vicino, Nico interrompeva a malincuore i discorsi che conduceva a voce alta col mulo. Tornava sulla terra e ad essere un uomo di lavoro e conti, poiché col contadino Pino poteva solo parlare di caglio del latte, stagionatura dei formaggi, costo del mangime e via dicendo. Pino usava un bardotto per i suoi trasporti, un baio scuro con una folta criniera.
Il bardotto e il mulo sembrava andassero d'accordo, percorrevano il tratto di strada insieme uno a fianco all'altro. Nico più di una volta aveva pensato, guardando i due animali, che tra loro si comunicassero i fatti dei rispettivi padroni, poiché gli capitava di  sorprenderli a guardare di sottecchi, come a voler controllare che nessuno li ascoltasse o come a verificare la stupidità dei due uomini.
Il contadino Pino trattava il bardotto con atteggiamento arrogante, con asprezza gli impartiva ordini non necessari al solo scopo di compiacersi per il potere così espresso. Spesso, poi, durante i viaggi, e soprattutto in presenza del contadino Nico o quando incrociavano altri viandanti, non perdeva occasione per deridere l'animale per le sue fattezze o per la sua bontà. L'animale, per contro, mai aveva mostrato insofferenza, né rudezza. Al contrario, aveva sempre risposto docilmente agli ordini inutilmente espressi con presunzione e accettato di buon grado di portare merce inutile che il padrone gli caricava al solo fine di sfruttarne al massimo la resistenza.
Rientrando dal paese, una sera, il contadino Pino, di cattivo umore perché gli affari quel giorno erano andati male, non faceva che insultare il povero bardotto: " brutta bestia maldestra, deforme e stupida, hai rotto tutte le uova che portavi sulla groppa, ridotto in poltiglia la frutta e rovesciato il latte, cosicché oggi non ho potuto vendere niente al mercato. Meriti di essere bastonata e rinchiusa senza cibo." E così dicendo sferrava colpi sulla schiena dell'animale, usando un frustino. L'animale non reagiva ai colpi inferti e nemmeno rallentava il suo cammino, proseguiva avanti, con sguardo dritto, attendeva che lo sfogo del padrone si esaurisse da sé, come già era accaduto molte altre volte.
Nico e il suo mulo seguivano a distanza. L'uomo conosceva la natura del vicino, il quale alla presenza di altri si sarebbe fatto ancor più borioso ed arrogante con l'animale. Sapeva anche che il suo mulo soffriva nel vedere il compare trattato a quel modo, ma nulla potevano l'uomo e l'animale se non starsene in disparte.  
Quando venne il momento di separarsi il mulo lanciò un raglio in direzione dell'amico bardotto, che in segno di ringraziamento ondeggiò la criniera.
Al contadino Nico era passata la voglia di sognare in quel frangente. Camminava  riflettendo silenzioso, pensava che solo vedendo la bruttura e la cattiveria e la stoltezza poteva meglio apprezzare la saggezza, la dolcezza e l'onestà.  
Avevano così percorso poche decine di metri che vennero sorpresi dalla urla del contadino Pino, provenienti da di là della valle appena iniziata. Senza indugio, tornarono sui loro passi e imboccarono il sentiero che portava al podere. Fatte alcune centinaia di metri, scorsero il bardotto affacciato su un dirupo, rivolto con lo sguardo sul fondo dove stava, aggrappato ad un arbusto, in contadino Pino. "Presto aiutatemi, non posso stare per lungo tempo aggrappato qui, i rami stanno per cedere!"."Tu brutta bestia, lanciami la corda che porti sulla groppa, cosicché io possa risalire".
"Come può un animale stolto e  maldestro porgerti la corda per risalire dal dirupo, non è stata forse quella bestia a romperti le uova, ridurre in poltiglia la frutta e rovesciare il latte?" Intervenne allora il contadino Nico. 
"Con quale presunzione chiedi aiuto a chi finora hai denigrato, deriso, schernito?" E così dicendo allontanò dal ciglio i due animali e si ritrasse anch'egli. 
La voce che salì dalla valle adesso era implorante e spaventata, tremante il contadino Pino disse: "Vi prego, aiutatemi. Ho paura. Sono un uomo stupido, è colpa mia se le uova si sono rotte poiché non le ho ben incartate, è colpa mia se la frutta si è ridotta in poltiglia poiché ho raccolto quella ammaccata, è colpa mia se il latte si è rovesciato poiché non ho ben serrato il recipiente!".
Il bardotto a questo punto scrollò la schiena, il mulo gli si avvicinò e con la bocca prese la corda da dentro la borsa, la allungò al contadino Nico il quale dapprima la assicurò, con qualche giro, ad un tronco di un albero e poi la lanciò giù nel dirupo.
Poi insieme il mulo e il bardotto s' incamminarono in direzione della casa del contadino Nico, che li raggiungeva.

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